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Calcio

Svolta storica nel calcio italiano: stipendi tagliati del 25% in caso di retrocessione dalla A alla B e dalla B alla C

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Importante novità nell’accordo collettivo tra Lega Serie A e Associazione Italiana Calciatori, ratificato ieri dai rispettivi presidenti Ezio Simonelli e Umberto Calcagno. In assenza di un diverso accordo tra le parti, lo stipendio dei giocatori potrà ridursi del 25% in caso di retrocessione in Serie B: la norma, non retroattiva, si applicherà ai contratti firmati a partire dal 2 settembre 2025, a condizione che la retribuzione non scenda sotto il minimo sindacale. La novità, una sorta di norma di chiusura del sistema – in quanto derogabile sia in meglio sia in peggio dai contratti individuali – nasce da un insieme di regole già esistenti e da buone prassi consolidate. In caso di successiva promozione in Serie A, lo stipendio tornerà al livello originario. 
Il passo ulteriore riguarda il fatto che nelle prossime settimane dovrebbero adeguarsi in tal senso anche gli accordi collettivi per Serie B e Serie C: un passaggio considerato fondamentale dalle leghe per garantire la sostenibilità del sistema. Non si tratta dell’unica novità dell’accordo collettivo, che avrà durata quinquennale, fino al termine della stagione sportiva 2029/2030. Finisce così l’epoca dei rinnovi “navigando a vista” e delle proroghe, come avvenuto per l’ultimo accordo firmato nel 2023. Questo risultato è frutto del nuovo clima di distensione che si respira (e si auspica possa continuare) tra le componenti della Federcalcio, i cui vertici sono stati costantemente aggiornati e hanno accompagnato la trattativa. Tra le altre novità introdotte dal nuovo accordo collettivo, ci sono inoltre: 

  • eliminazione dell’obbligo di riposo settimanale in caso di partite infrasettimanali (misura che interessa soprattutto i grandi club); 
  • impegno reciproco a definire, entro 120 giorni, un codice delle violazioni e delle sanzioni; 
  • introduzione di un fondo di fine carriera riservato ai calciatori della Serie A; 
  • abolizione dell’obbligo per i club di stipulare un’assicurazione contro gli infortuni per i giocatori con stipendio lordo superiore ai 500.000 euro: un nuovo margine di trattativa per i presidenti più attenti ai costi.                       

Siamo pertanto di fronte ad una piccola rivoluzione nel mondo del calcio italiano: a partire dalla stagione 2025-2026, entra in vigore una clausola automatica di riduzione degli stipendi per i calciatori retrocessi dalla Serie A alla Serie B e dalla SerieB alla Serie C. Il nuovo contratto collettivo nazionale siglato da Lega Serie A e AIC (Associazione Italiana Calciatori) — con il via libera della FIGC — introduce una riduzione del 25% dello stipendio annuo, valida per tutti i contratti firmati a partire dal 2 settembre 2025.Una misura che rappresenta un punto di svolta per la sostenibilità economica del sistema calcio, soprattutto nella delicata fase di passaggio tra massima e cadetteria, dove il crollo dei ricavi (soprattutto diritti TV e sponsor) mette spesso in difficoltà i bilanci dei club.

Come funziona la clausola: la retrocessione pesa sullo stipendio

Il meccanismo è semplice, ma rivoluzionario per il calcio italiano: la clausola entra in azione automaticamente alla fine della stagione in cui una squadra retrocede dalla Serie A alla Serie B o dalla Serie B alla Serie C. A quel punto, lo stipendio dei calciatori subisce una riduzione immediata del 25%, senza necessità di ulteriori negoziazioni o approvazioni.

Questa decurtazione resta in vigore fino a quando il club non riconquista la promozione in Serie A o in B. Se e quando ciò accade, il compenso originario del giocatore viene ripristinato.Naturalmente, c’è un limite sotto il quale non si può scendere: il taglio non può far scivolare la retribuzione al di sotto dei minimi salariali stabiliti dal contratto collettivo nazionale, che variano in base all’età del calciatore.Non mancano, tuttavia, margini di flessibilità. Le parti – club e giocatore – possono infatti pattuire accordi diversi, decidendo di escludere o modificare la clausola all’interno del contratto individuale. Un’apertura che consente alle società più solide o ambiziose di offrire condizioni più protette ad atleti chiave.In sostanza, si formalizza un principio che da tempo veniva applicato in modo ufficioso da molte squadre: adeguare il costo del personale alle entrate della categoria. Solo che questa volta non si tratta più di una pratica discrezionale: è tutto messo nero su bianco.

Obiettivo: equilibrio tra costi e risultati Secondo Ezio Simonelli, presidente della Lega Serie A, si tratta di una “svolta storica”.
L’intesa punta ainncentivare la competitività fino all’ultima giornata, legando il rendimento sportivo alle condizioni economiche; proteggere i club da squilibri finanziari causati dalla perdita della categoria. E in più rafforza l’efficacia del “paracadute economico” previsto per le retrocesse, aggiungendo un’ulteriore leva di contenimento del monte ingaggi.

Impatto sul calciomercato e sulla pianificazione aziendale

Per le società di calcio, la novità avrà impatti diretti su strategia, reclutamento e contrattualistica. D’ora in avanti, ogni trattativa dovrà tenere conto di questa clausola e della sua eventuale esclusione o modulazione. Sarà una variabile in più da gestire nella costruzione delle rose, ma anche un’arma utile per prevenire crisi di liquidità in caso di stagione fallimentare. Soprattutto per i club con bilanci fragili, la norma rappresenta una leva di flessibilità gestionale, spesso invocata ma mai formalizzata fino ad ora.

Una clausola che avvicina calcio e impresa

Dal punto di vista del diritto del lavoro e della gestione aziendale, l’introduzione di questa clausola rende il calcio un po’ più simile a un’impresa: stipendi legati a performance e scenario competitivo, contratti che assorbono una quota di rischio, e una maggiore trasparenza su condizioni economiche in evoluzione.

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