Strega, senti il presidente: “Le contestazioni fanno crescere, quel ‘Vigorito vattene’ era una richiesta d’aiuto. Ora siamo uniti e più forti” 

“Il primo “Cuore Giallorosso” è quello di Oreste Vigorito. Da diciannove anni, al timone del Benevento Calcio, ma, ancora oggi, senza nessuna voglia di mollare”. Lo riporta Il Mattino in relazione alle parole del presidente. “Spesso chi ama un territorio è colui che resta, non colui che va via con l’alibi che il territorio è difficile. Chi rimane è più eroe di chi va via. Noi elogiamo chi fa i sacrifici per andare via, invece dobbiamo ricordare che chi costruisce è chi rimane”, ha detto il patron in occasione della presentazione del progetto “Cuore Giallorosso”, ieri mattina presso l’azienda beneventana Incas Caffé. 

“Quando mi chiesero, il giorno dell’acquisto del Benevento, il perché prendevo la società, io risposi che c’è chi sceglie di comprare una cravatta, un calciobalilla, io invece scelgo di comprare un’emozione. Anche se, va detto: le emozioni non si comprano, ma si coltivano, si fanno nascere dentro e si offrono agli altri. Il mio più grande successo è stato quando, domenica scorsa, abbiamo ospitato allo stadio la scuola calcio di Paolisi. I ragazzini, oltre a cantarmi “c’è solo un presidente”, sono venuti verso di me e mi hanno circondato, abbracciandomi, sorridendomi. Voglio riempire la città e la provincia di quello che si trova in uno stadio, ossia creare emozioni, sviluppo, territorio e legare due nomi così sarà ulteriore motivo d’orgoglio per i sanniti e il Benevento Calcio. Qui non c’è quella vita frenetica delle grandi città. Qui se giri la provincia, se conosci la gente, se sali i gradoni di uno stadio e ti trovi bambini che sorridono e che sono felici di vedere un presidente di calcio, ti accorgi che hai un compito ben diverso da quello di mostrare i nomi sulle maglie, ma quello di regalare una speranza alle persone. Le vittorie non servono per scalare una posizione in classifica, ma servono per dire alla gente che con il lavoro e la fatica si può ottenere qualsiasi risultato”. 

In estate il patron ha scelto di innestare beneventanità, richiamando in società Melara, Padella e De Falco, protagonisti del doppio salto dalla C alla A, tra il 2016 e il 2017: “Una mamma beneventana, quando siamo saliti in Serie A, mi fermò per strada per ringraziarmi, perché il figlio le disse <mamma, anche a Benevento si può vincere, lo hanno dimostrato il Benevento e Vigorito, siamo andati in Serie A> – ha proseguito il presidente -. Questo insegnamento non l’ho dato io, ma i calciatori che si sono susseguiti. Alcuni sono ancora qui. Li hanno definiti “gli immortali”, ci sono Padella e Melara, che hanno vinto il campionato. Padella, dieci anni fa, era in strada a spalare il fango dopo l’alluvione. Alla mia chiamata, sono venuti ad aiutarci, senza chiedere perché. Non avevano bisogno di lavorare, ma avevano la voglia di lavorare. Io non posso far altro che ringraziare loro, come anche il direttore, l’allenatore e lo staff. Per strada, leggo ancora sui muri “Vigorito vattene”. 

Io sono d’accordo con le contestazioni, perché aiutano a crescere. Infatti noi siamo cresciuti più forti, non siamo andati via. Voglio ringraziare chi, con me, non ha mollato, da quasi vent’anni. Quest’anno abbiamo fatto il record di abbonamenti in C, più di quelli del primo anno di B. Quel <Vigorito vattene> voleva dire, <Vigorito dacci una mano>”. Il numero uno giallorosso ha anticipato che presto riprenderà “ConosciAMO Benevento”, iniziativa che lo scorso anno ha portato la squadra nei centri limitrofi: “Abbiamo rinviato un po’ la cosa perché la squadra è completamente nuova e c’è stata grande concentrazione sul lavoro. Sicuramente riproporremo l’iniziativa, andando noi nei paesi, perché non possiamo immaginare che, in un giorno normale, la gente si sposti e faccia cinquanta chilometri per venire da noi. Abbiamo anche degli impegni agonistici, compatibilmente con questi e appena saremo primi in classifica con 50 di punti di vantaggio (ride, ndr) proveremo ad andare in giro per la provincia. Vogliamo essere vicini al territorio, perché per noi il calcio non si limita a vedere undici ragazzi che corrono”.