Calcio
Alessandro Bruno, il debutto con la Strega e la prima in A con la Juve. E quel legame con Auteri: “Ti parla all’anima”
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I primi calci al pallone li ha dati a Benevento, al rione Libertà, rione di cui è figlio. I campi erano quelli improvvisati per strada, con linee immaginarie a segnare i confini tra il dentro e il fuori e porte con pali e traverse improbabili. Negli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta si usava ancora così. E se qualcuno era più bravo degli altri la voce cominciava a girare, fino a giungere alle orecchie giuste. E Alessandro Bruno era decisamente più bravo degli altri. In una ideale formazione dei beneventani più forti di sempre sulla sua presenza nessuno nutrirebbe dubbi. E lui sceglierebbe un numero tra il 4 e l’8. E poi lì, in mezzo al campo, a organizzare il gioco. Come ha sempre fatto, scalando tutte le categorie. Fino all’esordio nella massima. E non in uno stadio qualsiasi ma all’Allianz Stadium di Torino, la casa della Juve di Mandzukic e Higuain. “Dalla D alla A, le ho giocate tutte”. Quarantamila i minuti trascorsi in campo, 548 le partite giocate. L’ultima un anno fa. “E’ stata la schiena a dirmi che non era più il caso di andare avanti”. Di smetterla col calcio, però, neanche a parlarne. Un mese dopo era già in panchina. Subito un nuovo inizio. “Si era dimesso l’allenatore e hanno chiesto a me – che del Notaresco ero stato il capitano – di prenderne il posto. E’ andata bene: abbiamo ottenuto una salvezza che era complicata. E mi hanno confermato”.
Nessuna sorpresa: quella dei centrocampisti centrali che diventano bravi allenatori è una tradizione nel mondo del calcio
“E’ che, stando sempre lì in mezzo al campo, acquisisci una visione diversa della partita. Vedi bene tutto: fase difensiva e fase offensiva. Ma siamo ancora agli inizi del percorso. Presto per capire…però mi piace allenare. E lo faccio con tutta la mia passione”.
Riavvolgiamo il nastro, andiamo agli inizi: i primi ricordi?
“Il settore giovanile del Benevento. E sono ricordi estremamente positivi. All’epoca non c’erano le strutture e pure il materiale tecnico scarseggiava. Però con poco facevamo tanto, ottenendo risultati importanti anche in Coppa Italia e al Viareggio. Con Guido De Rosa e Luciano D’Agostino. Con il mister poi ci ritrovammo a Val di Sangro, una squadra fatta tutta di giovani, un’esperienza di cui conservo un buon ricordo nonostante una retrocessione rocambolesca”.
Nel 2002 il debutto tra i professionisti, con la maglia della Strega
“Indimenticabile. Eravamo a Viterbo, giocai lo scampolo finale della partita. A farmi esordire fu Giorgio Rumignani. Ricordo ancora quando mi chiamò: “Dai, bimbo, scaldati che entri tu”.
Trentaquattro presenze con il Benevento poi l’addio. Un rammarico?
“Dentro di me ho sempre coltivato il sogno di tornare al Benevento. Le strade, però, non si sono più intrecciate. Evidentemente doveva andare così. Ci sono tornato da tifoso, comunque. E ho vissuto con orgoglio le diverse promozioni della Strega con Vigorito”.
Il classico nemo propheta in patria?
“Tanti dicono così. La verità? Penso sia stato semplicemente il caso. Se sei un beneventano e sai giocare a calcio nessuno ti nega la possibilità di farlo nella tua Città. Semplicemente le cose vanno in un certo modo: io sentivo di voler dare una mano alla squadra della mia terra e se non è successo è perché è andata diversamente. E poi chissà: magari ci torno in futuro, in altre vesti… ”.
Torniamo alla tua carriera
“Lasciato il Benevento ho iniziato a girare, cercando le opportunità per giocare. La fortuna è stata incrociare sul mio cammino Gaetano Auteri. Poco da discutere: è stato lui a far svoltare la mia carriera, aprendomi orizzonti e mente. E pensare che all’inizio non mi voleva”.
Racconta
“Eravamo a Catanzaro, serie C2. All’inizio non mi considerava e neanche mi voleva in ritiro. Ma sono un tipo caparbio e allenamento dopo allenamento arrivammo al punto che mi chiamò e mi disse: “E’ inutile che continui a cercare squadra. Resti qui”. Mi fece anche rinnovare il contratto. Una grande stagione, la nostra. Senza la penalizzazione avremmo vinto il campionato. E invece perdemmo ai playoff. Le ottime prestazioni, però, valsero al mister la chiamata alla Nocerina. E mi volle con sè”.
E quel campionato lo ricordiamo tutti
“Un campionato epico, vinto giocando un grandissimo calcio”.
Anche l’anno della tua consacrazione
“Giocavo sempre, anche quando non ero in condizioni. “Un centrocampista come te raramente l’ho trovato in giro” – mi ripeteva il mister”.
E infatti ti portò anche a Latina
“Dove però fu esonerato subito, dopo la terza partita. La nostra restò una stagione clamorosa, però. La favola Latina, la Serie A sfiorata. E dal punto di vista personale quella è stata la stagione della mia definitiva maturità. Ma a cambiarmi è stato Auteri, i suoi insegnamenti non li ho mai dimenticati”.
Ad Auteri è stata anche data l’opportunità di tornare a Benevento, che idea ti sei fatto?
“Leggi Auteri a Benevento ed è subito emozione. Difficile spiegare quello che è riuscito a fare qui. Una promozione meravigliosa, la prima in Serie B. Il suo rapporto con la tifoseria mi ricordava il mio rapporto personale con lui. Un livello di fiducia assoluto. D’altronde lui è straordinario in questo: a parlarti all’anima”.
Ti convince dunque il suo ritorno?
“Non sarà affatto facile, diciamolo. Ma è il condottiero giusto”.
Lo hai sentito in questi giorni?
“Lo sento spesso. Diciamo che è carico. Ci tiene tantissimo a fare ancora bene a Benevento”.
Auteri ci ha distratto dal racconto della tua carriera. Eravamo alla Serie A sfiorata con il Latina. Poi te la sei presa con il Pescara
“L’esordio alla tredicesima giornata. Ma sapevo che sarebbe accaduto. Mister Oddo non vedeva l’ora di farmi giocare: “Continua ad allenarti così, il tuo momento arriverà”. E’ arrivato allo Juventus Stadium. Il coronamento di un lungo cammino. Dal debutto giocai tante partite, affrontando tutte le grandi”.
La partita che in assoluto ricordi con più piacere?
“Napoli-Pescara al ‘San Paolo’. A vedermi tutta la mia famiglia, tante persone care. Ero emozionatissimo. Era il Napoli di Sarri ma il primo tempo reggemmo bene, finendolo sullo zero a zero”.
E la partita che ancora fa male?
“La finale playoff col Latina, persa contro il Cesena. Stavamo vincendo e proprio con un mio gol. La Serie A sembrava a un passo. Ricordo il sostegno della Città, i titoli dei giornali sulla favola del Latina operaio. Quella sconfitta rappresenta una ferita mai rimarginata”.
E il match più emozionante vissuto col Benevento?
“Sicuramente la semifinale playoff con il Crotone. Il Santa Colomba strapieno, la coreografia della Sud, l’entusiasmo che si registrava a ogni angolo della Città. Una partita tesissima. Entrai anche sul finale della gara, poco dopo il gol di Pellicori”.
Inutile chiederti il ricordo più amaro: il ritorno allo Scida
“Ci aspettavano, davvero sembrava un agguato. Nel tunnel era un continuo di provocazioni. Poi il furto in campo… Peccato perché quella era una squadra fortissima: saremmo potuti essere noi i primi a regalare la Serie B al Benevento”
Corsi e ricorsi: saresti arrivato prima di Auteri…
“E sì…”.