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Calcio

Salary Cap in Serie C: che cos’è, come funziona, quali sanzioni comporta il suo sforamento e cosa accade con i vecchi contratti

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Martedì scorso, si è tenuta a Firenze l’assemblea di Lega Pro a cui hanno preso parte le società di Serie C, che hanno approvato l’adozione del Salary Cup, come da proposta del presidente della terza serie italiana, Matteo Marani.

Si tratta di una norma che punta a consolidare al meglio la sostenibilità della Serie C le società di Lega Pro hanno scelto di “autolimitarsi” nella determinazione del monte ingaggi dei calciatori professionisti in funzione del valore della produzione: l’obiettivo della stabilità finanziaria può infatti essere raggiunto solo parametrando i rispettivi costi al proprio valore della produzione.

Il nuovo regolamento sarà valido, in via sperimentale, già dalla prossima stagione per poi essere introdotto in via definitiva a partire dal campionato di Serie C 2026/27. L’introduzione del Salary Cap è frutto di un’analisi condotta in maniera compartecipativa dai Club di Lega Pro durante i “Tavoli di Lavoro” e misurata alla realtà dell’ecosistema societario della Serie C.

Il modello adottato non è quello di un absolute Salary Cap: si tratta è un relative Salary Cap in quanto basato sull’individuazione di un rapporto ottimale fra gli emolumenti complessivi e il valore della produzione del Club che consente di determinare una soglia al monte ingaggi di ciascuna società. Non si tratta di un Salary Cap individuale in quanto l’ingaggio del singolo calciatore non viene preso in esame se non nell’ipotesi di sforamento del predetto rapporto. 

Nella stagione sportiva 25/26 il modello troverà applicazione in via sperimentale consentendo cosi: una corretta simulazione dell’impatto che lo stesso comporterebbe sull’operatività di ciascuna società associata; una conseguente revisione di quelle disposizioni che, all’esito della concreta applicazione del modello, dovranno essere migliorate per il raggiungimento dell’obiettivo della stabilità finanziaria delle società associate, un confronto con gli organismi preposti al fine di trovare il giusto contemperamento degli interessi di tutti i soggetti coinvolti; una corretta politica gestionale e previsionale delle società associate in funzione delle disposizioni che diverranno effettive nella stagione successiva.

Il modello, in quanto adottato in via autoregolamentare, non prevede preclusioni per l’ammissione al Campionato e per la disputa delle competizioni: le società che non daranno piena attuazione al Salary Cap hanno scelto di versare importi in un fondo che sarà interamente destinato a finanziare l’attività di sviluppo dei settori giovanili (Riforma Zola) di tutti i Club associati alla Lega Pro.

Nel dettaglio, il tetto agli stipendi stabilisce una spesa massima annuale per ciascuna squadra. Questo limite non riguarda solo gli stipendi dei calciatori, ma può includere anche altri costi legati alla rosa, come premi e bonus. L’obiettivo è impedire che alcune società spendano cifre fuori portata per il livello della categoria, generando squilibri e mettendo a rischio la loro stessa esistenza. Il tetto non è fisso per tutte, ma varia a seconda di fattori anche geografici: ci saranno differenze, insomma, tra grandi città e piccoli borghi di provincia, elemento che differenzia e anche di molto la varietà tra le 60 squadre di Serie C.

Cosa importante: il conteggio degli stipendi varrà per quei contratti che verranno stipulati dopo il primo luglio 2025. Per chi si porta dal passato contratti pluriennali “pesanti” (come nel caso del Benevento) non avrà nulla da temere perché non verrano conteggiati. 

In sostanza, ogni club non potrà spendere più del 55% del rapporto fra emolumenti e valore della produzione. La misura verrà introdotta dalla prossima stagione in via sperimentale, prima di entrare definitivamente a regime nell’annata 2026-2027. Per il momento, chi sfora il Salary Cap non verrà penalizzato, ma multato, all’interno di un sistema che però – a lungo andare – potrebbe portare lo stesso club a indebitarsi e ad avere problemi nell’iscrizione. Il Salary Cap introdotto in Serie C si ispira a modelli già utilizzati in altri sport, come il basket americano (NBA) o il football (NFL), ma in forma adattata alla realtà italiana. Non è un limite uguale per tutti: può variare in base ai ricavi del club, rendendo il sistema più flessibile ma comunque controllato.

Questa misura rappresenta una svolta storica per la Serie C, spesso colpita da fallimenti, stipendi non pagati e società costrette a ritirarsi. L’idea è quella di riportare equilibrio, trasparenza e stabilità, mettendo fine a una rincorsa al successo che troppo spesso si è trasformata in un boomerang finanziario. In conclusione, il salary cap non vuole penalizzare lo spettacolo, ma garantire che il calcio di Serie C possa crescere in modo sano e duraturo, mettendo al centro la solidità dei club e la tutela dei professionisti che vi lavorano. Un passo importante per costruire un futuro più sicuro per tutto il movimento calcistico italiano.

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